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Attenzione: per alcune escursioni è possibile scaricare le tracce GPX in basso dopo il testo!!

domenica 25 dicembre 2011

La Pietra del Demanio da Civita




Tra la Calabria e la Basilicata il Grifone vola e solca con imponenza i cieli sopra queste montagne. Grazie a specifici studi di fattibilità, i grifoni sono stati rilasciati dopo un periodo di acclimatazione col sostegno del Parco Nazionale del Pollino e di molti bravissimi ricercatori. Oggi, i maestosi avvoltoi volano come alianti accarezzati dal vento, spesso spariscono nelle nebbie d’alta quota, in posti mozzafiato, dove l’uomo dovrebbe soltanto chinarsi al cospetto del Creato! - meteoweb.eu -

foto Pollinofantastico

Luogo di avvistamento,la sommità della straordinaria Pietra del Demanio a Civita.Da tempo pensavo ad una “direttissima” da Civita senza far uso di corde. La via logica e credo unica,quella di sfruttare una cengia che si innalza in diagonale dalla base della parete in prossimità della sorgente del “Fosso Casalicchio” che si raggiunge intraprendendo l’antico sentiero che dal Ponte del Diavolo porta alla Madonna delle Armi sotto il Monte Sellaro,chiamato anche “Via dei Pellegrini”.Nella prima parte con Angelo e Giuseppe “attacchiamo” su facili rocce raggiungendo la cengia percorrendola fino al suo termine oltre il quale è impossibile proseguire. Paurose le visioni sugli strapiombi che precipitano sul greto del Raganello.Durante la salita ritroviamo stupende grotte e cavità rosso rame di origine carsica con bellissime concrezioni,stalattiti,curiose stalagmiti e colonne.

























A questo punto unica soluzione di salita quella di puntare un canale sulla destra affrontandolo nella parte meno difficile. Prima di avvicinarci alla parete attendiamo il passaggio di un branco di capre selvatiche che causano una preoccupante scarica di pietre. In questa zona sono un vero flagello perché in altre occasioni ho assistito a paurose scariche di pietre rotolate direttamente nel torrente, oltre ad avere altre segnalazioni del genere. In estate potrebbero costituire un grosso problema per i numerosissimi torrentisti che ignari del pericolo discendono le Gole. Purtroppo un ordinanza del comune di Civita vieta il torrentismo nel Raganello,per cui ognuno è direttamente responsabile di eventuali incidenti.

Torniamo all’escursione. Passaggio chiave,15 metri (III +).I miei due compagni sono sprovvisti di imbrago e così arrampico in libera facendo sosta sfruttando un bel tronco di leccio. Mi levo l’imbrago,vi faccio un nodo ad 8 e lo lancio ai miei due compagni che al volo imparano ad indossarla e al volo imparano ad arrampicare, comunque confortati dalla consapevolezza di essere assicurati dall’alto. Ma per chi lo fa per la prima volta non è facile.

Risaliamo per una esile cengia aggirando lo spigolo della Timpa portandoci in vista Raganello.Inutile dire che da qui lo spettacolo è impareggiabile,a strapiombo per 600 m. sul profondo solco del canyon. Per raggiungere la vetta dobbiamo superare un’altra piccola parete di 5,6 metri (IV-).Stessa tecnica adottata in precedenza con la differenza di aver “annodato” i miei compagni in vita considerata la brevità del salto roccioso. Pochi metri ancora e ci siamo. Conquistiamo infine gli 850 m. della Pietra del Demanio.Il paese di Civita è letteralmente ai nostri piedi e da qui non è difficile immaginare perché il suo toponimo significhi “Nido d’aquila”.
 


 Per la discesa impegniamo la facile cresta N-E che scende nuovamente verso il Fosso Casalicchio commettendo però un piccolo errore dettato forse dalla necessità di abbreviare il percorso evitando un lungo aggiramento prima di innestarci con il sentiero iniziale. Raggiunta Masseria Vavolizza infatti ci spostiamo decisamente a destra avanzando nell’intrico dei lecci fino ad affacciarci inevitabilmente su salti rocciosi superabili solo “in doppia”.Ne occorrono alcune sfruttando piccoli tronchi di leccio.Il giorno dopo,consultando una guida,apprendo che dalla masseria pare ci fosse un sentiero segnato in rosso che si innesta al primo,che purtroppo non abbiamo visto,ammesso ci fosse. In realtà molti sentieri che non vengono praticati si chiudono a causa della folta vegetazione a macchia mediterranea e la loro manutenzione è pressocchè inesistente. Facile infine ritrovare il sentiero originale e riportarci in paese affrontando l’ultima ripida salita che dal Ponte del Diavolo porta a Civita.


Considerazioni finali:

Una via davvero bella a chiudere il 2011,che rifarei volentieri con la possibilità di creare un concatenamento con il sentiero attrezzato “Via delle Capre” che raggiunge il torrente verticale “Caccavo” in sinistra idrografica del Raganello.Come dicevo inizialmente,l’emozione di osservare l’impressionante volteggiare di due grifoni con un andirivieni lungo la cresta e poi in volo planare sotto di noi a dominare la valle e perlustrare la parete. Guardare la foto per rendersi conto delle sue dimensioni in proporzione con la chioma degli alberi vicini. Si resta ammaliati dalla loro bellezza,dall’eleganza del volo e dalla fierezza di questo spettacolo che solo la natura incontaminata riesce ad offrirci.

domenica 18 dicembre 2011

Monte Alpi Canale Ghost Line

Magica ascensione lungo il canalone sud-ovest di Monte Alpi (1900m.) detto "Ghost Line" il 27 Febbraio 2010 da me e Pasquale.Buona visione


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domenica 11 dicembre 2011

"Occhi nuovi" sul Pollino


   Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi.Se non erro in un precedente racconto ho citato questo famoso aforisma di M.Proust non trovandomi totalmente d’accordo con esso. Capita a tutti i frequentatori di montagna ripetere gli stessi itinerari varie volte e devo ammettere che il buon Marcel aveva ragione. A questo riguardo mi sono imbattuto nel bellissimo racconto di una studentessa che descrive il suo viaggio di trenta giorni in Irlanda allo scopo di migliorare il suo inglese.
Alla fine si sarebbe rivelato un’esperienza entusiasmante,colpita dagli incontri,dalla cultura ,dal paesaggio,in particolar modo dal cielo di quella terra. Avrebbe esclamato: trenta giorni per guardare il cielo di Irlanda, quel cielo che mi toglie il fiato al solo ricordo”.Probabilmente anche la Mannoia ne aveva ben d’onde celebrandolo in una sua famosa ballata. Anche se in Irlanda non ci sono mai stato,  quando ricalco i sentieri che portano su Monte Pollino, l’impressione che ho osservando il cielo, specialmente in determinati momenti dell’anno, penso sia simile al più  decantato “Cielo d’Irlanda”.Ho descritto varie volte il suo colore blu cobalto,intenso,profondo,luminoso che spesso contrasta con le nubi ovattate,con il sole radioso,formando  a volte un tutt’uno con il mare all’orizzonte,o con la neve d’inverno. Di certo è un’emozione diversa,nuova,che ti rapisce,ti conquista.. 
























Occhi nuovi infatti per ammirare il torrente Frido e un laghetto completamente ghiacciati nel mese di Novembre. Che  dire poi dello spettacolo offerto dalla maestosa Serra del Prete che gioca a nascondino con batuffoli di ovattate nubi svettare al di sopra della dolina del Pollinello tinta di un giallo intenso,o dell’accigliato Pino “Coccodrillo”,ancora in piedi nonostante sia secco chissà da quando. E ancora,il “Candelabro”,altro loricato di suprema bellezza. Quale emozione ancora una volta ritrovarsi al cospetto dell’essere vivente più vecchio d’Italia,il monumentale Patriarca del Pollino con i suoi robusti e ciclopici rami che si protendono verso valle, con le sue ampie radici che inglobano le rocce sottostanti in un fraterno abbraccio,e le gelide acque sgorganti dalla pittoresca sorgente “Spezzavummola” .


 Si aggiunga a tutto ciò il piacere di condividere tali esperienze sempre con persone diverse come Carlos, uno spagnolo di Valencia giunto in Calabria per lavoro. Amante della montagna, rimane completamente affascinato da questa regione immaginandosela arida come un “deserto”. Ed invece inizia a coglierne le sue perle di  bellezza scoprendo dapprima La Sila perché più vicina al paese in cui lavora. Bellissima anche se priva di dislivelli significativi. Vi si reca più che altro per fare corsa. Poi si imbatte nel mio blog e,apriti cielo,in Calabria ci sono montagne alte,dall’aspetto prealpino,con tanto di creste affilate,boschi immensi,canaloni ghiacciati da scalare e pareti strapiombanti dove vi si può praticate lo sci alpino,l’alpinismo,l’escursionismo,il torrentismo e quant’altro. Con un “masticato”italiano mi scrive una mail. L’accordo è preso e l’uscita programmata e realizzata.





























Unico piccolo rimpianto,non avergli potuto mostrare il versante sud del Dolcedorme,più aspro e selvaggio,dai forti dislivelli perché quel giorno nascosto dalle nubi. Ci ritroveremo senz’altro. Concludo con un’altra interessante citazione della studentessa menzionata prima:”ogni viaggio non solo arricchisce la mente ma le dà forma”.

lunedì 28 novembre 2011

Sul Monte La Caccia



Un territorio dai forti contrasti cromatici,geomorfologici e climatici. Salire su Monte La Caccia (1744 m.)nel periodo autunnale è un’esperienza molto particolare. Siamo all’estremo lembo sud-occidentale di questo immenso parco del Pollino,nel settore chiamati “Monti di Orsomarso”,caratterizzato da vertiginose pareti,aguzze e seghettate che ad occidente si “gettano” letteralmente sul mare,ad oriente precipitano nelle profondi vallate dell’Esaro e del Corvino. Appartengono a  questo fantastico areale la Montea (1825 m.),il Petricelle(1758 m.),il Faghittello (1432 m.),Serra Croce (1438 m.) e Cannittello (1464 m.).Giungendo dalla ss 18 direzione Belvedere Marittimo la montagna si staglia di fronte in tutta la sua imponenza ,una “montagna sul mare” come l’ho definita in altre occasioni.




Con Pasquale arranchiamo in auto fino alla ridente frazioncina di Trifari posta a 734 m. da dove parte uno spettacolare e panoramicissimo sentiero che dapprima raggiunge una edicola votiva,poi lambisce la base dell’ immane parete sud-ovest de La Caccia ed infine attraversando un’ampia zona erosa,dopo due ore di cammino conduce al Rifugio Belvedere a 1355 m. realizzato dall’Associazione “Amici della Montagna” nel 2004. Insieme al piccolo capanno Gaudolino posto alle falde del Pollino è l’unico rifugio di tipo alpino in tutto il territorio del Pollino, raggiungibile soltanto a piedi.

Recentemente girano voci relative alla realizzazione di un bivacco nel versante sud del Dolcedorme,staremo a vedere. A farci compagnia in una fresca e ventilata giornata di Novembre un asky,con al collo un guinzaglio cortissimo fatto di corda,segno evidentemente di maltrattamenti. Purtroppo non riusciamo a levarglielo. Il simpatico e giocherellone cagnolino ci seguirà quasi fino in vetta dileguandosi infine nel vallone del Castrito e facendo perdere ogni traccia.

Durante la marcia notiamo in lontananza un curioso blocco monolitico molto simile ai “Moai” dell’isola di Pasqua,con lo sguardo rivolto lievemente verso l’alto in direzione del mare. Finalmente siamo al rifugio dove un operaio sta facendo alcuni lavori di manutenzione. Quì un vento freddo e fortissimo spazza tutta la Valle dell’Esaro,e in direzione Montea nuvoloni neri danzano minacciosi sfaldandosi però alla “vista”del mare. Facciamo una sosta all’interno della piccola Cappella della Croce rifocillandoci ed estraendo dagli zaini qualcosa di più pesante da indossare. Aimè,non ho i guanti,e questo è un errore che non si deve commettere visto il loro peso insignificante. Sul costone aderto che si stacca dalla Croce costellato di scheletrici pini loricati il vento fortissimo ci fa traballare non poco costringendomi a tenere le mani in tasca fino al crinale principale.



La vista sulla parete sud-ovest che si staglia sul Tirreno è fantastica. Si resta sbalorditi osservando numerosi pini loricati che vegetano senza problemi sugli strapiombi e ancor di più ammirando le evoluzioni  in aria di una coppia di aquile reali che con il loro classico volo a spirale risalgono le correnti ascensionali con estrema disinvoltura per nulla infastidite dal vento.




Sulla cresta principale lo scenario cambia radicalmente:da un ambiente di tipo arido-mediterraneo si passa a quello freddo-umido della faggeta esposta a nord,dove dense folate di nebbia ci investono rendendo il paesaggio arcano e misterioso. Intanto gli occhi corrono ai dirupi impressionanti osservati prima dal basso.



Finalmente in vetta. Foto di rito con sfondo mare e via di corsa. Il vento impetuoso infatti non ci permette di restare a lungo in quel luogo magico. Sulla via del ritorno uno splendido sole riflette sulle azzurre e cristalline acque del Tirreno accompagnandoci fino all’auto.