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Attenzione: per alcune escursioni è possibile scaricare le tracce GPX in basso dopo il testo!!

mercoledì 28 dicembre 2005

??. e quindi uscimmo a riveder le stelle.


Con l?ultima escursione credo di aver scritto insieme a Massimo una delle pagine più importanti di alpinismo d?alto livello del Pollino.La via è la risalita del canalone che porta direttamente alla vetta di Serra Dolcedorme, chiamata ?Pietra Colonna?;proprio perché al culmine vi è un monolito che visto di taglio appare di forma colonnare anche se in realtà si tratta di una roccia piatta e sottile.Questo percorso lo avevamo già affrontato in maggio di quest?anno(vediAltro che Alpi ) giudicandolo il più difficile per scalare il tetto del parco,sicuramente impossibile da effettuare d?inverno per ovvie ragioni tecniche:pendenze di 50,60,addirittura 75 ° in alcuni punti e l?esposizione di questo versante a sud,quindi pericoli di crolli e slavine d?inverno.

Comunque,le nevicate dei giorni scorsi,il freddo notevole avuto per parecchi giorni, pensiamo, avrà compattato lo strato nevoso non peraltro notevole.La giornata senza sole ci ispira a partire per questa ?terribile?via.A differenza della volta precedente ci attrzziamo fino al collo,imbraghi,chiodi da ghiaccio,corde,ramponi,piccozze,discensori e quant?altro e si và.Appena imboccata la testata del canalone inizia a piovere e la cosa non ci rassicura molto,la giornata è grigia,buia.Dopo un primo segmento di pietraia la pioggia diventa nevischio che si appiccica addosso e si alza la nebbia.Non abbiamo problemi di orientamento perché la via è obbligata e,finalmente,dopo una buona ora di cammino il canalone diventa ripido,ghiacchiato.Tiriamo fuori le picozze,e montiamo i ramponi.Lo scricchiolio delle punte dei ramponi e delle piccozze che mordono il ghiaccio rievocano nella mia mente film d?alpinismo visti in tv,come ?La morte sospesa?,che inizia appunto con lo stesso suono secco.


Il canalone diviene sempre più ripido fino al ?crepaccio?,punto in cui un enorme masso insuperabile ci sbarra la strada.Siamo costretti ad innestarci nella ?bretella?,una deviazione obbligata dal canalone,per rientrarvi giusto sotto la Pietra Colonna.E? qui che produciamo uno sforzo immane usando la tecnica di risalita con le piccozze chiamata ?piolet traction?.La fatica muscolare nell?affrontare i 75° di pendenza mi provoca un accenno di crampi.Infortunarsi qui sarebbe un bel guaio.Ma il monolito è li,davanti a noi,immersa nella nebbia.Un attimo per riposarci per riprendere la marcia.Manca poco per l?uscita in cresta ma prima dobbiamo fare i conti con l?ultimo ostacolo,lo stretto canalino verticale invaso da una ?brutta neve?,uno strato ghiacciato sotto,un secondo più morbido sopra.Massimo lo affronta per primo.Nella sua progressione però sfascia lo strato nevoso che avrebbe dovuto consentire a me di piantare la piccozza.Con tanta buona volontà e coraggio anche questo ostacolo è superato.Qualche metro di facile pendio e siamo in cresta.Il peggio però lo troviamo proprio qui.

Ci ritroviamo nel mezzo di una tormenta di neve.Il vento impetuoso che polverizza la neve e la nebbia non ci consentono di vedere più niente.Solo bianco tutt?intorno.Ciò che vedo davanti a me è soltanto la sagoma di Massimo sballottata dal vento,sospesa in un chiarore irreale.Solo per qualche secondo riusciamo ad intravedere il filo di cresta alla nostra destra.Il problema stà nell?individuare l?attacco del vallone del ?Faggio Grosso?per la discesa che ci ricondurrà al punto di partenza.Purtroppo scendiamo un po? oltre fino ad imboccare un vallone parallelo,il ?Vascello?,che si congiunge con la ?Valle Stiavucca? e poi con ?Valle Scura? fino ad un?altra località di partenza del versante sud del Dolcedorme: Cozzo Palombo.Sembra un incubo senza fine.L?auto che dobbiamo andarte a recuperare è a cinque chilometri di distanza da noi (un piccolo errore a monte ci ha deviato di parecchi chilometri a valle).Già stanchi ,provati fino al limite,fisicamente ed emotivamente attraversiamo sotto una pioggia persistente i rimboschimenti di pino nero che tappezzano Valle Scura e Valle Piana alla ricerca della sterrata percorsa la mattina con l?auto.Finalmente!Eccola,non crediamo ai nostri occhi.Solo qualche centinaio di metri e scorgiamo la bianca sagoma della nostra ?Panda 4x4?.E?finita.E dopo un?avventura come questa non possiamo che esclamare come il sommo poeta quando uscì dall?Inferno:

??.salimmo su,el primo e io secondo,
tanto ch?i? vidi delle cose belle
che porta ?l ciel,per un pertugio tondo;
e quindi uscimmo a riveder le stelle."

In foto:Massimo si staglia di fronte al canalone di Pietra Colonna

venerdì 23 dicembre 2005

Verso il Dolcedorme


Verso il Dolcedorme


Superbo,sua maestà il Dolcedorme si staglia di fronte a noi,severo e imponente,con le sue tormentate e ripide creste,frastagliate e seghettate,punteggiate di loricati sempreverdi,eterni custodi di questi luoghi fuori dal tempo.Mai vista così,la più bella montagna del parco.Forse,il suo profilo più bello,eccelso,alpino.



ATTENZIONE: firmate la petizione contro il brutale massacro di animali da pelliccia
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"PETIZIONE"

sabato 10 dicembre 2005

Il piacere della riscoperta



Quando si frequentano assiduamente determinati luoghi,si pensa ormai di avere acquisito tutto su di esso.Spesso però veniamo puntualmente smentiti allorché la natura ci sorprende regalandoci scenari inaspettati e inediti.Ci rende così più consapevoli della nostra piccolezza difronte allo spettacolo da essa offertoci.
E? stato il caso dell?ultima avvincente escursione di domenica scorsa 4 dicembre.L?itinerario non era determinato.Massimo voleva arrampicare alle falesie di Frascineto,Luigi,vicecaposquadra del soccorso alpino Calabria optava per la Pietra dell?Angioletto,nel Massiccio dell?Orsomarso.Io ero del parere di tentare un?ascensione al versante sud del Dolcedorme pensando di trovare neve non ghiacciata sicuramente,ma compatta.Come spesso avviene,per noi decide il meteo che ci fa dirottare nella zona dei Monti Manfriana(il microclima di questa parte del Parco spesso fa si che ci siano condizioni ideali quando altrove il tempo è perturbato). ? vedi post ?Sulle orme di Apollo?.
Il caldo dei giorni passati convincono il gruppo che di ramponi e picozza neanche se ne parli.Si è del parere che c?è solo un po? di neve morbida ai versanti nord.


Si decide per un percorso di cresta che parte da Colle della Scala e,seguendo lo spartiacque giunge al Dolcedorme.Viene chiamato ?La via dell?infinito?.
Dopo i primi saliscendi incontriamo la neve, poca e distesa sul versante nord come avevamo previsto ma dura e compatta come vetro (tralaltro la temperatura non è neanche molto bassa).Chi l?avrebbe detto! Ideale per una risalita di ghiacchio sulla parete nord del Dolcedorme.Proseguiamo con l?amaro in bocca per l?occasione mancata.

Il nostro Pollino fantastico però sa ripagarci nel modo giusto.Sotto la vetta della Manfriana Orientale visione d?incanto verso la cresta con i pini loricati slanciati sull?azzurro intenso del cielo.Di fianco la vetta occidentale fa da contraltare e in mezzo il ?Passo dell?Afforcata?innevata di tutto punto che divide le due cime.
Il bello deve ancora arrivare:raggiungiamo in breve la cima (1985 m.)e da qui il panorama non ha eguali.Superbo,sua maestà il Dolcedorme si staglia di fronte a noi,severo e imponente,con le sue tormentate e ripide creste,frastagliate e seghettate,punteggiate di loricati sempreverdi,eterni custodi di questi luoghi fuori dal tempo.Mai vista così,la più bella montagna del parco.Forse,il suo profilo più bello,eccelso,alpino.


E mentre osserviamo i massi squadrati,muti testimoni di antiche civiltà,meditiamo sulla nostra presunzione,e di concludere che,in fondo,è meravigliosa ??.la sorpresa della riscoperta..



CHE TEMPO FA IN CALABRIA?






ATTENZIONE: firmate la petizione contro il brutale massacro di animali da pelliccia
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"PETIZIONE"



In foto:?La via dell?infinito?

lunedì 21 novembre 2005

La prima invernale


Oggi,lunedì 21 novembre 05 ho ufficialmente aperto la stagione invernale sul Pollino,piuttosto in anticipo rispetto l?anno scorso (metà dicembre).E come tradizione vuole,la prima la faccio in perfetta solitaria.Come itinerario non ho avuto molta scelta ,visto che la neve si è avuta solo sulle cime più alte dell?acrocoro centrale.La meta è Serra del Prete che con i suoi 2180 m. è la terza del Massiccio. Ciò nonostante, non oppone difficoltà tecniche particolari da qualsiasi versante la si affronta.Opto per la cresta ovest per il sentiero dei ?carbonai?,toponimo derivato dal fatto che questa parte di bosco di faggi è disseminata da caratteristiche piazzole orizzontali dove una volta si preparava la carbonella .In realtà questo sentiero non esiste più perché scarsamente praticato dagli escursionisti,e allora mi sono preso la libertà di rinominarlo ?via degli inghiottitoi?,per la presenza sulla cresta,in un tratto pianeggiante di quattro spettacolari inghiottitoi di origine carsica.Il primo tratto nel bosco non è per niente agevole.La pendenza del terreno,il leggero strato di neve che copre foglie secche,roccette e rami secchi rende la marcia difficoltosa.Dopo una buona mezz?ora sono fuori dal bosco,l?ambiente assume le caratteristiche di alta montagna e lo strato di neve aumenta.Dimenticavo ,oggi faceva molto freddo;in cima la temperatura sarà di 10 gradi sotto zero.Il percorso di cresta offre uno scenario a 360 gradi:verso nord la valle del Mercure e i caratteristici borghi disseminati dappertutto.Ad est i Piani del Pollino con Serra delle Ciavole e Serra di Crispo sullo sfondo;ad ovest la catena dei monti d?Orsomarso fino al mar Tirreno.Ma lo spettacolo si ha guardando verso sud:la mole di Monte Pollino svetta in tutta la sua superba bellezza.La prima neve e un cielo cobalto oggi gli conferisce davvero un aspetto sontuoso.Foto di rito,telefonata a casa e via per il ritorno.Dopo quattro ore sono di nuovo in auto.
Tutt?intorno solo un silenzio solenne e il fruscio del vento.

In foto:Orizzonti sconfinati si aprono verso Serra del Prete e Monte Pollino.Si ha la sensazione di essere al centro del mondo,sospesi fra la dimensione divina e le banalità della civiltà.

mercoledì 26 ottobre 2005

La Montagna Madre

Dopo diversi rinvii riesco a partire per unaltra avventura in montagna,destinazione Parco Nazionale della Maiella la cui vetta ,Monte Amaro ,con i suoi 2798 m. risulta essere la seconda cima dellAppennino,dopo il Corno Grande nel Gran Sasso .Come è rievocato dalletimo,la Maiella ,montagna madre appunto,è considerata dai locali un luogo,un ambiente religioso sacro,lorigine di ogni cosa.Ma veniamo allescursione.

Ascendere su Monte Amaro non è cosa semplice.A dire il vero lo avevo un pò snobbato.Visto sulla carta,i 980 m. di dislivello si colmerebbero gradualmente,una lunga passeggiata.Nulla di tutto ciò. Amaro di nome e di fatto.Si dovrebbe raggiungere in macchina il Blockhaus,ove la strada termina nei pressi di una edicola religiosa,ma lente Parco,non si sa per quale assurdo motivo blocca laccesso alla strada due chilometri e mezzo prima,allaltezza di numerosi e paurosi ripetitori radiotelevisivi.Ciò vuol dire che dovremmo aggiungere alla nostra già faticosa marcia cinque chilometri in più,del tutto gratuiti.Comunque,dopo le considerazioni del caso io,Sergio(che guida il gruppo)e gli altri cinque componenti ci avviamo.Primo tratto,tra boschi di pino mugo,piuttosto pianeggiante, ma lungo(risulteranno tra andata e ritorno 26 i km da percorrere).Dopo il fontanino si fa sul serio,inizia un infinito saliscendi che ci porterà sulla vetta dellAmaro.Si risale laderta pendice di Monte Cavallo(2171 m).Discesa e nuova risalita sul Focalone(2676 m)Alla nostra sinistra lalpestre cresta della Cima delle Murelle.

Nuova discesa e nuova risalita sulla Cima Pomilio (2656 m).Un pò di stanchezza si fa sentire.Comunque siamo allietati dal volo dei gracchi corallini che nidificano sotto le rocce di Monte Amaro.Durante il cammino notiamo la presenza di numerosi resti fossili.Molte di queste creste risultano il sollevamento della barriera corallina.Dalla Cima Pomilio ci ritocca scendere ancora verso i Tre Portoni,tre selle e tre cime.Ne facciamo uno e poi tagliamo verso uno spettacolare inghiottitoio.A destra la paurosa Rava della Sfischia e del Ferro(presenza di bauxite nei contrafforti montuosi),a sinistra i Valloni Cannella e delle Mandrelle,spettacolari avvallamenti carsici.

Il paesaggio è grandioso,le cime maestose.In Sergio vedo tutto lentusiasmo nel descrivermi i luoghi che incontriamo.Monte Amaro si staglia di fronte in tutta la sua fierezza,è lì,di fronte a noi,ma ancora tanto lontano.Ci facciamo coraggio e affrontiamo la direttissima,e,con la nebbia che ci avvolge raggiungiamo dopo cinque ore di duro cammino la sua cima e il bivacco Pelino,caratteristica cupola geodetica in metallo.La temperatura si abbassa di molto.Decidiamo di rifocillarci per mezzora e poi via,si riparte.Piccolo inconveniente allaltro Sergio,caduta e storta ad una caviglia.Sarà per lui una sofferenza fino al ritorno.Dopo dieci ore(poche escursioni di un giorno così lunghe riesco a ricordare)siamo di nuovo allauto.

Ormai è il tramonto.Monte Amaro è fatto.Un grazie sincero a Sergio,al tosto Lelio,allaltro Sergio e alla reduce del campo base del K2,Gabriella.

domenica 9 ottobre 2005

Viaggio nel Cilento


Più a nord rispetto al Pollino vi è la seconda area protetta più grande d?Italia:il Parco Nazionale del Cilento esteso per 180.000 ettari circa.Molto simile al Pollino geomorfologicamente,offre anch?esso ai visitatori uno spettacolo veramente unico. Ci sono infatti splendide località marine ma anche avventurose montagne verdi.Una di queste è il
Monte Bulgheria,ultimo baluardo roccioso meridionale del parco. La sua inconfondibile sagoma si impone nella dolcezza del paesaggio cilentano.E' la punta estrema di un possente allungato massiccio calcareo che fa da bastione fra la costa di Camerota e le diramazioni dei rilievi appenninici interni. Il toponimo suggerisce una derivazione dall'etnico Bulgari, a ricordo di popolazioni qui insediate forse al seguito dei Longobardi. Il panorama dalla sommità è reputatissimo per la vicinanza al mare.Dai suoi 1255 m. infatti si domina il golfo di Policastro e nelle giornate terse si riesce ad arrivare con lo sguardo fino alle vette più meridionali del Pollino.Fatto interessante,i due parchi sono separati soltanto dal comprensorio montuoso del monte Sirino,altro gigante di 2000 m. Se si unissero inglobando anche il Sirino ci troveremo difronte ad un mega parco di 400.000 ettari circa tra Calabria e Campania.Sarebbe a mio avviso un motivo d?orgoglio per tutto il meridione.Certo,gestire un?area immensa come questa costituirebbe una vera impresa,ma le grandi imprese iniziano sempre con piccoli passi.
Impariamo dai grandi parchi americani.

In foto: in vetta sul Monte Bulgheria.Dietro,il golfo di Policastro

martedì 27 settembre 2005

Una montagna sul mare


La Calabria è sicuramente una delle poche regioni dove il connubio mare montagna è davvero notevole.E’ il caso del Monte “La Caccia”,meta dell’escuirsione di oggi .Località di partenza, Trifari , piccola frazione di Belvedere Marittimo,ridente centro balneare dell’alto Tirreno cosentino.Giungiamo con l’auto alle 9.00 in punto e armati di zaino e bastoncini da sci,io e Francesco attacchiamo il sentiero a 730 m.
 Dopo alcuni passaggi giungiamo sotto l’immane parete sud de “La Caccia”e,mentre guadagnamo quota,sotto di noi si aprono sconfinati orizzonti verso il mare.Proseguendo su terreni erosi ,in mezzo a processioni di loricati scheletrici ci imbattiamo in un accogliente rifugio realizzato l’anno scorso dall’associazione degli “ amici della montagna”.Posto a 1355 m.di altitudine il “Rifugio Belvedere”è sicuramente il primo rifugio di tipo alpino perché l’unico nell’areale del Parco del Pollino che può essere raggiunto esclusivamente a piedi.Possa essere questa, d’ora in avanti l’idea da estendere a tutto il Parco.
Dopo un bicchiere di vino sorseggiato al rifugio ci apprestiamo ad affrontare l’erta pendice che ci sovrasta.E’ qui che dobbiamo produrre lo sforzo maggiore,ma le nostre gambe vanno come treni,non sappiamo se il tempo reggerà;minacciose nubi salgono infatti dalla sottostante Valle dell’Esaro avvolgendo il paesaggio e inghiottendo la montagna.A mezzogiorno in punto siamo in vetta(1744 m.).Un pranzo frugale,qualche foto e via per il ritorno.
Difronte a noi fa da contraltare la spettacolare Montea e il più basso Monte Faghittello,verso sud troneggia la piramide del Monte Cannittello,tutte cime aguzze e seghettate,imponenti e aderte che verso ovest però si tuffano letteralmente sul mare.In questa grande emozione vissuta oggi davvero possiamo contemplare la nostra montagna sul mare!!
 
In foto: l’immane parete sud de”La Caccia” proiettata verso il blu del mar Tirreno.
 

domenica 4 settembre 2005

Se potesse raccontare (parte 2°)


Eccolo:il Patriarca del Pollino,il ?Grande Vecchio?,colui che con la sua veneranda età,936 anni ,svetta fra i faggi del Pollinello.Se potesse raccontare,cosa ci direbbe?
Ci parlerebbe della conquista di Castrovillari da parte dei normanni,della morte di Federico II e dell?età angioina.Ci descriverebbe l?arrivo degli albanesi,fuggiti dalla loro patria e difesi dal loro eroe,Scanderbeg ,coloro che manterranno nei secoli la loro identità culturale.Narrerebbe degli aragonesi divenuti padroni del Mezzogiorno.E ancora,della breve parentesi del Viceregno austriaco e della occupazione di terre feudali.Ci parlerebbe con angoscia della carestia del 1764,della sopravvenuta miseria e sofferenza patita dai nostri antenati.La monarchia borbonica,la repubblica Partenopea e l?unità d?Italia.Si ricorderebbe del 1861.Il suo Pollino è martoriato dal brigantaggio.Anche il nome che danno ad alcuni suoi fratelli (ad es. ?il Pino di Michele?),ricorda tristemente la fine che hanno fatto alcuni pastori per mano dei briganti.
Quante cose ci direbbe della Prima Guerra Mondiale,del grande sfruttamento forestale operato nei boschi del Pollino da parte della società tedesca Rueping,che con le loro teleferiche e le decauville trasportavano il legname fino a valle.
E ancora,ci parlerebbe della Seconda guerra mondiale.Quanta gente avrà visto migrare dalle nostre terre per trovare lavoro e condizioni di vita più dignitose.
Nel 1968 sentì parlare finalmente della realizzazione di un grande parco nazionale ,e finalmente,nel 1992,vide realizzarsi il suo grande sogno:l?istituzione del Parco Nazionale del Pollino.Che gioia quando un suo fratello,zi?Peppe,diventò il ?simbolo?del suo parco.Dopo,però,gli spezzarono il cuore, in quella maledetta notte tra il 19 e il 20 ottobre 1993 allorchè cessò di essere una creatura vivente,per mano di balordi,che vedevano nell?istituzione di quell'area protetta un ostacolo a chissà quali ambizioni.
Quante cose ci potrebbe insegnare,descrivere,narrare.Perciò,se passate dalle sue parti a visitarlo,interrogatelo,ascoltatelo.

Per favore,??..non bruciatelo!!

lunedì 29 agosto 2005

Se potesse raccontare (parte 1°)


Il pino loricato è il simbolo del Parco nazionale del Pollino.E? un albero elegante ed imponente originario della penisola balcanica.Alcuni botanici sono però del parere che l?esemplare del Pollino sia unico al mondo in quanto presenterebbe caratteristiche genetiche diverse rispetto al ?cugino? dei balcani.Il nome deriva dalla costituzione a placche della corteccia,simile alla lorica,la corazza del fante romano.Sono dei veri e propri relitti dell?era glaciale,in perenne lotta per la sopravvivenza contro la furia dei venti e il gelo.Si presenta a bandiera,con la chioma tutta da un lato nella direzione del vento,col risultato che sembrano emergere,forti e possenti e allo stesso tempo contorti e tormentati,dalle rupi impervie e inaccessibili su cui sono abbarbicati.Può raggiungere i 20,30 metri di altezza .Quello che vi presento è il più longevo:il ?Patriarca del Pollino?.Vegeta solitario tra i boschi di faggio del Pollinello e non possiamo che rimanere attoniti di fronte allo spettacolo imponente di una sfida ancora in atto tra il tempo e una creatura del mondo vivente.Ha attualmente 936 anni.

in foto:splendido esemplare di pino loricato sulle creste della Montea

domenica 14 agosto 2005

La traversata del canyon del Raganello


Dopo ben cinque anni mi riesce di compiere nuovamente la traversata del Raganello.In realtà le gole del Raganello sono due:?la gola del Barile ? o ramo alto del Raganello,lunga tre chilometri circa, e il ramo basso, lungo ben sette chilometri.Solitamente la gola del Barile viene percorsa dai torrentisti in andata e ritorno e per questo motivo risulta più comoda visto che basta giungere con una sola auto alla località di partenza.Per compiere la traversata del ramo basso occorrono invece due auto staffetta,una da lasciare a Civita,l?altra a S.Lorenzo Bellizzi dove verrà recuperata alla fine.L?emozione è grande :quando ci si accinge ad entrare in questo santuario della natura non si può che rimanere entusiasti nell?osservare luoghi come ?Pietraponte?,un enorme macigno staccatosi nella notte dei tempi dalla parete sovrastante ed andatosi ad incastrare fra le due pareti del canyon;le formazioni di travertino con stillicidio d?acqua tutt?intorno;la stretta forra d?Illice sovrastata dall?omonimo ponte imbruttito però da antiestetiche impalcature (fra quanti ?secoli ?verrà restaurato?);la soleggiata ?Conca degli Oleandri?;la ?Tetra fenditura?,dove i raggi del sole non raggiungono mai il fondo delle gole;la ?Grande frana?,la ?Grande muraglia?,e alla fine il Ponte del Diavolo.Il tutto sovrastato da pareti alte centinaia di metri.Sempre a contatto con l?acqua destreggiandosi fra le pietre.Quattro ore di intense emozioni.Unico aspetto negativo rispetto a cinque anni fa la ridotta portata d?acqua .Questo mi è sembrato strano,visto l'inverno rigido trascorso e la neve in montagna fino al mese di maggio.Invito tutti i lettori di questo blog a visitare queste meravigliose gole,ma consiglio loro di andarci con una buona preparazione e con un minimo di attrezzatura.L?ambiente è grandioso ma allo stesso tempo pericoloso:bisogna munirsi di casco ,di uno spezzone di corda di una quindicina di metri,ma soprattutto è necessario sapersi destreggiare fra le pietre nell?acqua.Una distorsione,una caduta ecc. può rendere estremamente difficile ritornare sui propri passi e rendere i soccorsi alquanto difficoltosi soprattutto se non si conoscono bene le poche vie d?uscita presenti lungo le gole.Un?ultima nota:come raccomanda Giorgio Braschi nella sua illustre guida ?Sui sentieri del Pollino?,l?entusiasmo non deve mai farci scordare che qui è opportuno muoversi in silenzio,con prudenza e rispetto,badando a non disturbare la fauna e a non lasciare traccia del nostro passaggio.Buona attraversata.

In foto: in ammollo in una pozza (prima attraversata integrale De Luca Giuseppe,Grispino Pietro 3 agosto 1998)

martedì 9 agosto 2005

Sulle orme di Apollo


Lunedì 8 agosto 2005 .La giornata purtroppo non è per niente di quelle estive:la temperatura è scesa notevolmente rispetto alla media (in quota sarà di 12 ? 13 gradi),c?è rischio di pioggia e in montagna c?è la nebbia(la visibilità sarà ridotta a soli 20 metri).Nonostante tutto decidiamo come d?accordo con Francesco (quasi laureato in scienze forestali all?università di Firenze) di scalare il monte Manfriana (1981 m.) partendo da Frascineto,piccolo centro arbresh nei pressi di Castrovillari.Il dislivello da colmare sarà di 1460 m. e ripercorreremo l?antico percorso che gli antichi greci facevano per raggiungere quello che per loro probabilmente doveva essere un luogo sacro.In effetti confrontando il profilo del monte Olimpo in Grecia con il monte Manfriana notiamo una sorprendente somiglianza.Lo scopo della scalata è quello di visionare i misteriosi massi squadrati che giacciono sulla cima . Venticinque per la precisione.Probabilmente,quegli antichi scalpellini volevano edificare un piccolo tempio al dio Apollo o soltanto una vedetta in un punto strategico:eccezionale il panorama che si gode da questa cima che domina a sud ?est tutta la piana di Sibari.Probabilmente il luogo impervio e le intemperie hanno fatto desistere quegli antichi costruttori dal completare l?opera.Sta di fatto che quei massi sono una antica testimonianza della colonizzazione greca nella nostra terra.Il percorso è per quelli che hanno buone gambe:faticoso,aspro e duro,ma ne vale sicuramente la pena.Nella prima parte del percorso esplode in tutta la sua bellezza la macchia mediterranea,con rimboschimenti di pino,lecci,ginestre,carpini e più su vasti querceti di cui ignoravo l?esistenza.Infine,la prateria a sesleria e sua maestà il pino loricato a dominare incontrastato quei luoghi impervi e rocciosi noncuranti della fitta nebbia che li avvolgono ed apparire in tutta la loro bellezza spettrale.Dopo quattro ore di dura salita la vetta è conquistata.Nonostante la visibilità ridotta a zero ,sbuchiamo a soli pochi metri dalla vetta.Bella prova di orientiring.La soddisfazione è massima,finalmente riesco a fotografare le pietre misteriose anche se sotto una pioggia battente.Ora non ci rimane che prendere la via del ritorno.Speriamo che l?archeologia possa svelare al più presto il mistero dei massi squadrati della Manfriana .


In foto: uno dei massi più caratteristici.

sabato 30 luglio 2005

Memorie "Rosa"


Il 31 luglio 1954 Lino Lacedelli e Achille Compagnoni conquistarono il K2,la seconda vetta del pianeta.All?Italia spettò dunque il primato per aver messo piede per la prima volta volta su quella terribile e affascinante montagna.Durante tutto l?anno precedente (2004) le commemorazioni per il cinquantennale della conquista si sprecarono in lungo e in largo negli ambienti più disparati.Una piccola soddisfazione ,a dire il vero me la sono presa anch?io,insieme ad altri diciotto intrepidi appassionati di montagna,tredici appartenenti alla sezione CAI (Club Alpino Italiano) di Castrovillari (CS),tre appartenenti alla sezione di Messina,due di Reggio Calabria e uno di Catanzaro.Era appunto il 31 luglio 2004 quando alle 11.30 portammo il vessillo della sezione in cima alla Punta Gniffetti del Massiccio del Monte Rosa a quota 4554 m. alla capanna Rifugio Margherita a celebrare nel nostro piccolo l?impavida impresa compiuta proprio cinquant?anni prima sul K2.Che emozione!Ancora oggi la mia mente ritorna a quella faticosa ascensione compiuta senza nessun acclimatamento,l?impatto con la grande montagna,l?altitudine ,la stanchezza del viaggio e tutto il resto.Fummo onorati anche da tre autorevoli quotidiani calabresi (?La gazzetta del sud?, ?La provincia? e ?Il Quotidiano della Calabria?)con la pubblicazione dell?articolo della nostra impresa.A distanza di un anno il ricordo di quella memorabile esperienza servirà sicuramente da sprone ad andare per monti,a rinnovare l?antica passione,ad incoraggiare chiunque a visitare luoghi fiabeschi ed incantati ancora esistenti nel nostro mondo che purtroppo sta proseguendo la sua marcia nel degrado totale.Lasciatemi in questi giorni alle mie ?memorie rosa?.


Foto : cordate in sosta al Colle del Lys ( m. 4248)
(foto archivio cai Castrovillari)