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mercoledì 5 novembre 2014

Cengia dell'Angioletto e cresta del Fazzati




L’escursione di oggi,25 Ottobre parte dalla periferia  di S.Sosti e assume già dal principio le caratteristiche di una ascensione particolarmente impegnativa e dura.Ciò a motivo del notevole dislivello da colmare,ben 1222 m. impostoci dall’impossibilità di percorrere la sterrata che porta al pianoro di Casiglia senza  mezzi fuoristrada, che ci avrebbe permesso di raggiungere l’attacco molto più in alto.




E’ d’obbligo fornire qualche cenno  su S.Sosti vista l’importanza storica archeologica che riveste il borgo. Di origine greco-bizantina, sorge a 363 metri sopra il livello del mare.ed è situato alle falde del gruppo montuoso della Mula, settore sud-occidentale del Pollino , al centro di una ampia conca boscosa dove si apre la valle del torrente Rosa.  Nasce come comunità di fuggiaschi ed emigrati che trovarono asilo presso il Santuario Basiliano di San Sosti .Ogni anno è meta di centinaia di pellegrini che raggiungono il santuario della Madonna del Pettoruto situato in una zona incantevole dal punto di vista paesaggistico.




La valle del fiume Rosa era una antica via istmica che consentiva gli scambi commerciali tra le città greche di Sibari e Laos,quindi tra Jonio e Tirreno. L’importanza strategica del luogo è suffragata anche dalla presenza del Castello della Rocca , un articolato complesso fortificato d’età medioevale collocato su una strapiombante rupe rocciosa a m. 550 s.l.m. che domina la gola del torrente Rosa . La rocca nasce probabilmente già nell’XI secolo d.C., come provano i rinvenimenti monetali di età bizantina e cessa la sua funzione nella seconda metà del XIII secolo.Ebbe una funzione di vigilanza della via istmica denominata in questa fase storica “Via del sale”,perché attraverso di essa veniva trasportato sui porti del Tirreno il salgemma dalla miniera di Lungro.




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
S.Sosti è nota soprattutto per il ritrovamento nel 1846 in località Casalini di Porta Serra,di un’ascia votiva in bronzo, notissima agli epigrafisti per la dedica in dialetto dorico,iscritta in caratteri achei da Kyniskos Ortamos,importante funzionario della misteriosa città di Artemisia.ad Hera,moglie di Zeus,regina del cielo.In questa località pare esistesse infatti,un tempio a lei consacrato.Dunque una valle ricca di storia e intrisa di spiritualità.





 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Veniamo all’escursione. Si parte alle prime luci dell’alba partendo dal selciato che conduce al castello della Rocca. Prima di raggiungerlo,sulla destra si stacca un sentiero che risale l’erta scoscesa in direzione della rupe detta “Due dita”.La via fa parte del sentiero “Italia”ben segnalato e tracciato dai soci del cai.Nelle prime ore del mattino i caldi raggi di sole investono in pieno tutta la valle rivelandone la sua selvaggia e primitiva bellezza. Procedendo in un andirivieni di tornanti che si incuneano nell’ampia montagna , raggiungiamo Casiglia,dove sorgono alcuni rifugi in legno,purtroppo in completo stato di abbandono e una fonte per far provvista d’acqua. Fa da contraltare a questo già suggestivo scenario la Montea,splendida montagna dalle creste aguzze e dal profilo alpestre.


























Al bivio per Piano di Marco ove prosegue il Sentiero Italia, svoltiamo a sinistra per il sentiero che sale al Campo di Annibale,ampio pianoro circondato dalle cime della Mula,della Muletta,della Serra Scodellaro e di Cozzo Fazzati dove si pensa che Annibale si sia accampato. A primavera è possibile ammirare nei paraggi favolose fioriture di peonie “pellegrina” e “mascula,specie endemiche e rare dell’Appennino.Il nostro cammino è deliziato comunque dalla presenza di qualche agrifoglio e da una diffusa fragranza di timo.



























Dopo aver aggirato il Cozzo della Civarra,abbandoniamo la sterrata e ci immettiamo sul costone a sinistra fino a sbucare su un piccolo promontorio da dove si gode una vista mozzafiato sulla valle del Rosa e sulle alpestri cime di Montea. Prima di raggiungere questo primo punto panoramico avvistiamo due esemplari di Capreolus italicus che accortisi della nostra presenza si lanciano impauriti verso la pendice scoscesa perdendosi alla nostra vista. Più avanti un simpatico scoiattolo nero risale fulmineamente il tronco di un albero e osservandoci circospetto si mette a saltellare da un ramo all’altro. Questi avvistamenti ben rivelano la natura selvaggia e scarsamente antropizzata di questi luoghi meta soltanto di rarissimi escursionisti che conoscono bene  la zona.


























Risalendo ora tra le rocce,ora per una traccia di sentiero,ora orientandoci a vista nel folto del bosco raggiungiamo la “Pietra dell’Angioletto”,maestosa e solitaria. Si tratta di una protuberanza rocciosa a 1265 m.che emerge dal costone sovrastante il torrente Rosa in territorio di S.Sosti .Pare che il toponimo derivi da Angioletto, un giovane pastore precipitato appunto nel dirupo sottostante. I locali attribuiscono però il toponimo non alla Pietra in questione ma allo strapiombo roccioso dirimpetto ad essa,chiamandolo “a tagghiata’i Gangiulìaddu”(la “tagliata di Angioletto). Dalle sue pareti precipiti spuntano pini loricati pensili disposti orizzontalmente ,davvero uno spettacolo più unico che raro.



Il difficile deve ancora venire. Iniziamo a risalire l’aderta pendice che porta in cima allo Scodellaro (1586 m.),inizialmente superando alcune placche lisce,aggirando poi altre facili roccette da destra,e successivamente risalendo con fatica la dura rampa di nuovo nel bosco.Il problema adesso sta nell’individuare l’attacco della cengia che taglia in diagonale la parete rocciosa e che unisce tra loro la cresta dello Scodellaro e quella del Cozzo Fazzati.
 


Siamo costretti a raggiungere quasi la cima di Serra Scodellaro per avere maggiore visibilità,infatti sbucando dalla vegetazione riusciamo ad individuare molto più in basso quello che sembra l’attacco della cengia ben nascosto nel bosco.In breve lo raggiungiamo e a fare da guardia vi è una grotta caratteristica e piuttosto profonda. La cengia è facilmente percorribile facendo attenzione in alcuni punti ma il paesaggio è maestoso. Davanti si erge lo spuntone della Pietra dell’Angioletto,la cresta aderta che risale da essa e i profondi dirupi che precipitano in un saltopauroso verso il Rosa.



L’uscita della cengia interseca così la cresta rocciosa che scende da Cozzo Fazzati.Ora per raggiungere un fantastico belvedere dobbiamo fare il sacrificio di scendere per un centinaio di metri su un balcone naturale fatto di strane lastre di roccia calcarea disposte una sopra l’altra. Sembra che qualcuno ve le abbia sistemate apposta. Quì il paesaggio si apre ancora più maestoso sulla spettacolare Montea da dove si riesce ad abbracciare con un colpo d’occhio l’intero versante Nord. Lo scenario è grandioso e superbo.
 



Dopo le foto di rito ci tocca risalire l’aderta cresta rocciosa che andrà poi a ricongiungersi 200 metri più su con gli scoscendimenti della Serra Scodellaro.Durante la dura salita siamo costretti a superare in arrampicata due paretine rocciose di alcuni metri con difficoltà II+.Passato il peggio,il cammino diviene più facile e agevole raggiungendo così in breve la vetta della Serra Scodellaro.
 

Finalmente la meritata sosta, il dovuto riposo consumando una sobria colazione e godendoci al contempo il paesaggio del versante Nord dove lo sguardo impatta verso il gruppo della Mula e Muletta con il Vallone Zoppatura giù in basso. Davvero una splendida balconata questa Serra Scodellaro. Scendendo lungo il pendio boscoso incrociamo la pista sterrata che porta a Casiglia,e da li a S.Sosti per chiudere questo spettacolare anello.


1 commento:

bupa77 ha detto...

Grande racconto!come sempre....ciao e alla prossima